17 dicembre 2014 – CDT
Prendo spunto dall’«Opinione» espressa dal docente Marco Martucci sul CdT del 4 dicembre scorso per aggiungere qualche riflessione. Martucci, riferendosi al vecchio sistema Scuola Maggiore – Ginnasio scriveva: «Mentre con due scuole secondarie gli allievi ricevevano due formazioni diverse, entrambe generalmente di buona qualità, con l’unificazione cadeva ogni distinzione. Gli allievi sarebbero stati riuniti nella stessa classe durante ben quattro anni, indipendentemente dalle loro capacità, motivazioni, attitudini e scelte. Uno scadimento di livello era inevitabile». Condivido in toto. Ogni volta che vengono pubblicati i risultati PISA, il Ticino è sempre sotto la media Svizzera in tutti i tre campi analizzati. La Scuola media ticinese è «unica», mentre in molti cantoni, dopo la scuola elementare vengono differenziati due o anche tre percorsi formativi. La Scuola media ticinese viene quindi definita di tipo integrativo sottintendendo che a tutti gli alunni vengono, «democraticamente», offerte le stesse possibilità di formazione. È una buona scelta? Per rispondere possiamo guardare ai risultati. Se ad ogni alunno viene offerta la miglior formazione possibile in base alle proprie attitudini, allora la risposta è positiva. Ma è così? Almeno due constatazioni fanno propendere per una risposta per lo meno interlocutoria, se non negativa: i risultati PISA e l’elevatissimo tasso di bocciature in prima liceo. Migliorare si può sempre e sono ben conscio di non avere la ricetta miracolosa. Esprimo, però, il mio pensiero su quell’«unica» che caratterizza la scuola media ticinese. Si pensa che sia molto «democratico» mantenere tutti gli allievi nella stessa classe indipendentemente dalle loro capacità e attitudini e promuovere alla classe successiva la quasi totalità degli allievi. La vera democrazia dovrebbe, invece, consistere nel dare a tutti l’opportunità di sviluppare adeguatamente le proprie capacità in base alle proprie attitudini. Ha senso presentare il medesimo programma, per esempio di scienze, al futuro scienziato del CERN e al povero malcapitato alunno che non riesce a seguirlo e che, oltretutto, sarà anche frustrato vedendo il compagno che capisce tutto al volo mentre lui fatica anche a capire di cosa si sta parlando? Viceversa, è giusto «tarpare le ali» all’allievo dotato annoiandolo con un programma adeguato alle capacità dei più deboli, ma poco stimolante per chi è più bravo? Non sarebbe meglio avere classi differenziate dove ognuno riceve l’insegnamento che, in quel momento della sua maturità personale, è in grado di meglio assimilare? Occorre qui sfatare un mito: differenziare non significa per niente discriminare: oggi, se, dopo aver frequentato la scuola media con i corsi base (o, come preferirei io, in una «sezione B» o alla Scuola Maggiore), un ragazzo o una ragazza, invece del liceo, intraprende un apprendistato o frequenta una scuola professionale a tempo pieno, ha comunque, dopo il conseguimento di un attestato federale di capacità, la possibilità di conseguire titoli di studio di livello superiore ottenendo una maturità professionale, un bachelor e anche un master o attestati scolastici e professionali superiori quali quelli rilasciati dalle scuole specializzate superiori nei campi più disparati, dall’economia, all’informatica, all’elettronica, alla sanità, al lavoro sociale, all’arte, all’agricoltura ecc., senza dimenticare altri importanti certificati quali quelli di contabile federale, di tecnico di marketing e via dicendo. Invece il Ticino ha un tasso di licealizzazione altissimo, troppo alto. Oltre il 40% dei licenziati dalla scuola media intraprende gli studi medio superiori, ma meno della metà di essi conseguirà poi un titolo universitario. Il tasso di bocciatura in prima liceo si aggira intorno al 30%, ma se considerassimo solo gli allievi non ripetenti, probabilmente supereremmo il 40%: è un’assurdità che, oltretutto, ha costi elevati a carico della comunità. Da un’inchiesta del 2011 dell’Associazione Societa? Civile della Svizzera Italiana effettuata presso i docenti di scuola media risulta che il 68% degli interrogati affermava che l’elevato tasso di bocciatura dipende dal passaggio da una scuola non selettiva ad una selettiva, oltre il 50% riteneva troppo alto il tasso di licealizzazione e il 54% che la scuola media dovrebbe essere moderatamente selettiva e ricorrere maggiormente alla pratica della bocciatura. Sono stato per 35 anni docente in una scuola professionale a tempo pieno e nelle classi in cui insegnavo, la percentuale di allievi arrivati lì dopo uno, due o anche tre anni di insuccessi al liceo era spesso vicina al 50%. Soluzioni? Chiaramente sarebbe meglio orientare un maggior numero di giovani verso il settore professionale; poi si potrebbe innalzare un po’ l’asticella per l’accesso agli studi medio superiori, poiché non ha senso illudere gli studenti che con un 4.65 di media (o anche meno, se concesso dal Consiglio di classe) si possa aver successo nella continuazione degli studi liceali ed universitari. Resto, comunque, del parere che un sistema a classi (e non solo a livelli) differenziati sarebbe migliore. Un’ultima considerazione: se si ritiene che l’attuale scuola media funzioni bene così com’è, come mai molti, troppi, allievi, devono far capo a lezioni private (si tratta di scuola obbligatoria), come mai sono necessarie una serie di «misure accompagnatorie» quali il continuo aumento dei docenti di sostegno, la richiesta della diminuzione di allievi per classe e così via? E a proposito di democrazia e pari opportunità: le lezioni private non tutti possono permettersele. Chi può arriverà più facilmente al fatidico 4.65; e chi non può?
Edo Pellegrini, Presidente UDF Ticino